Una ripresa lenta e anomala ma pur sempre ripresa. E un Paese che torna se non altro a camminare. La recessione è finita, è costata lacrime e sangue alle famiglie italiane che hanno lasciato sul piatto dal 2007 a oggi 122 miliardi di euro (47 miliardi di minori risparmi e ben 75 miliardi di minori consumi). Ma più che la variazione seppur minima di segno positivo del Pil con cui si è aperto il 2015 (la crescita della nostra economia attesa per fine anno è di un +0,7%) è il sentiment degli italiani a essere cambiato.
Lo racconta l’anteprima digitale del “Rapporto Coop 2015” redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) con la collaborazione scientifica di Ref. Ricerche, il supporto d’analisi di Nielsen e i contributi originali di GFK, Demos, Doxa e Ufficio Studi Mediobanca. Il Rapporto, anche quest’anno in versione digitale interattiva e multimediale consultabile sul nuovo sito www.rapportocoop.it, fotografa la situazione dell’Italia e degli italiani, le macro e micro differenze fra i diversi territori del nostro Paese e il confronto con quanto accade negli altri grandi Paesi europei. In particolare sono analizzate le traiettorie della ripresa e i lasciti della crisi, i mutamenti delle famiglie e i cambiamenti nei comportamenti di spesa.
“Gli italiani sono affamati di digitale e innovazione – ha spiegato Enrico Migliavacca, vicepresidente di Ancc – e Coop ha già dato una prima risposta accettando con coraggio, unica insegna italiana, la sfida di immaginare a Expo il futuro della distribuzione alimentare. Prima e più dell’e-commerce alimentare, oltre il 60% degli italiani vuole un supermercato più digital e interattivo che si adatti alle esigenze di ciascuno di noi. Continueremo a lavorare su questo versante anche dopo Expo. Così come proseguiremo nel riposizionamento strategico avviato quest’anno con un forte investimento sui prezzi di vendita (“costa meno, non è una promozione”). Gli effetti si vedono chiaramente nei dati sull’inflazione alimentare del 2015 dove Coop registra un significativo -1,5% mentre il mercato vede un’inflazione del +0,9%. Questo sforzo sulla convenienza penalizza nel breve i fatturati, ma i volumi di vendita di Coop sono migliori di oltre un punto rispetto al mercato. Molto è ancora da fare; i fondamentali del Paese sono in sofferenza e ciò che ci preoccupa particolarmente sono le difficoltà in cui ancora si dibatte il ceto medio, almeno quello che ne rimane. Auspichiamo il rilancio di una vera politica di sostegno della famiglia”.
Sette anni di crisi hanno lasciato cicatrici profonde nel tessuto sociale del nostro Paese, è un’Italia bipolare e schizofrenica; sempre più lunga, il Sud sempre più sud (tra Trento e Calabria corrono più di 1000 euro di differenza nella spesa mensile), la forbice generazionale si è allargata (gli under 35 spendono 100 euro al mese in meno degli over 65) e il lavoro continua ad essere la grande discriminante e la grande chimera.
Metamorfosi anche per i connotati dell’italiano medio. Siamo i più palestrati e i più connessi d’Europa (12.000 palestre il record in Italia e più di 6 ore al giorno su Internet tra pc e smartphone) se non atei certo più laici e indifferenti, i più evasori e tra i più altruisti (a fronte di una stima di 200 miliardi di euro di evasione annua, sono 7 milioni gli italiani che prestano il proprio tempo gratuitamente in attività di volontariato). Mangiamo la stessa quantità di cibo degli anni Settanta (2,8 chilogrammi al giorno), ma si è profondamente modificata la dieta alimentare e conseguentemente più estese le tipologie di consumo. Impazziti per il bio da un lato (+ 20% all’anno), cresce anche il “cibo della rinuncia”: vegetariani (sono il 10%), vegani (il 2%) ma anche fruttariani, crudisti, reducetariani. La parola d’ordine dei nuovi italiani è wellness, star bene ma in senso meno edonistico del passato: siamo i più magri d’Europa e tra i più longevi, ci concediamo meno vizi di un tempo (meno alcool, meno fumo). A guardare i carrelli spicca la propensione per i consumi etnici + 18% nell’ultimo anno; l’internazionalizzazione del gusto -Expo o non Expo- ha fatto centro nel nostro Paese.
Gli stili alimentari però diventano sempre più liquidi, gli italiani sono un popolo di consumatori infedeli (se è vero che in un anno le famiglie italiane frequentano in media 21 punti vendita alimentari di cui solo 6 supermercati e iper) e sharing economy da un lato (in Italia vale più di un miliardo) e rivoluzione digitale dall’altro stanno cambiando la faccia al Paese. Più consumatori di servizi che di beni, al possesso si sostituisce l’uso.
La distribuzione moderna corre seri rischi se non aggancia il treno della forte e irreversibile innovazione: lo sconvolgimento digitale è dietro l’angolo. E il robot domestico è già realtà per il 17% dei nostri connazionali.