Con un valore della produzione che ha superato i 108 miliardi l’economia cooperativa rappresenta l’8,5% del Pil italiano. Nonostante la crisi tra il 2008 e il 2013 la cooperazione ha messo a segno una crescita del 14%. Ma soprattutto le cooperative hanno continuato ad assumere creando nuovi posti di lavoro stabili. Il 68,1% delle posizioni attivate nel 2013 erano infatti di tipo dipendente a tempo indeterminato. La percentuale sale al 76,8% se si considerano le posizioni attive nel mese di dicembre 2013.
Queste sono solo alcune rilevazioni contenute nel Terzo Rapporto Italia sulla Cooperazione, realizzato da Euricse e presentato oggi in collaborazione con Alleanza delle Cooperative Italiane. “La cooperazione ha confermato in questi anni – ha spiegato il presidente dell’Alleanza delle Cooperative Italiane Rosario Altieri – il proprio ruolo anticiclico e l’apporto dato all’economia del Paese in una fase di grande difficoltà”.
“Abbiamo già i piedi in una nuova storia, è il frutto del lavoro fatto in questi anni. Penso – ha spiegato il co-presidente Mauro Lusetti – alla tolleranza zero sul tema della legalità e al percorso di autonomia dai partiti, senza rinnegare la nostra storia, e alla costruzione dell’Alleanza, con i problemi e la grandezza che questo progetto si porta dietro. La raccolta delle firme contro le false cooperative è un successo perché è stata fatta insieme ed è stata capace di raccogliere un consenso trasversale. Noi stiamo nel mercato per cambiarlo, non per adeguarci”.
Dall’analisi complessiva sulle diverse forme di impresa emerge che nel 2013 la pressione fiscale è stata superiore per le cooperative rispetto alle società per azioni soprattutto a seguito del maggior peso degli oneri sociali e delle imposte sui redditi da lavoro. In questi anni, così, il contributo totale alle entrate pubbliche della cooperazione è cresciuto di 5,4 miliardi di euro, mentre quello delle imprese di capitali è diminuito di 15,74 miliardi.
Le analisi contenute nel rapporto dimostrano che in Italia le cooperative nel loro insieme hanno contribuito in modo molto significativo alla formazione del prodotto interno lordo e all’occupazione, e hanno reagito alla crisi in modo diverso dalle altre forme di impresa, presentando una dinamica anticongiunturale.
Il Rapporto tuttavia evidenza anche i punti di debolezza del sistema cooperativo italiano. La reazione alla crisi non è stata la stessa in tutti i settori cooperativi ed alcuni di essi mostrano segnali di difficoltà (per esempio il settore delle costruzioni). Inoltre, la crisi ha determinato un netta e generalizzata contrazione del risultato di esercizio e inciso negativamente su patrimonializzazione e propensione all’investimento.
Se le cooperative crescono, quelle sociali crescono di più, e contrariamente a ogni previsione. I dati parlano chiaro: tra il 2001 e il 2011 le cooperative sociali attive sono quasi raddoppiate, passando da 5.674 a 11.264 (+88,5%) e hanno aumentato gli occupati del 129,4% (da 159.144 a 365.006). Sia il numero di cooperative sociali sia il livello di attività complessivo sono cresciuti anche dopo l’inizio della crisi. Tra il 2008 e il 2013 il valore della produzione aumentato del 31,5%, i redditi da lavoro del 37,1% e gli investimenti del 44%.
Sono presenti infine delle pagine di approfondimento su alcune forme che possono essere considerate, per lo sviluppo registrato negli ultimi anni o per le potenzialità che si possono intravvedere, come possibili nuove frontiere della cooperazione italiana: tra queste le cooperative “recuperate” di lavoratori, le cooperative di comunità e le cooperative impegnate nella gestione di beni confiscati alla criminalità organizzata.