Ieri, 7 aprile, il Ministero dello Sviluppo Economico ha nominato con decreto il dottor Corrado Baldini, al quale auguriamo di svolgere nel migliore dei modi questo delicato compito, liquidatore di Unieco. Legacoop collaborerà con il dottor Baldini e con le istituzioni per minimizzare le ricadute negative sui lavoratori, sui soci prestatori, sulle imprese dell’indotto. In particolare, come abbiamo fatto in tutti gli altri casi di crisi, siamo a disposizione dei soci per valutare ogni possibilità di sostegno dei loro legittimi interessi.
La storia di Unieco merita rispetto, negli oltre 100 anni di vita questa cooperativa ha fatto tanto per il territorio e per la collettività: la fine dolorosa non cancella la sua storia. È una storia che si è distinta anche per un forte senso di appartenenza dei soci all’azienda e di autonomia dal resto del sistema cooperativo, una autonomia che è stata mantenuta fino all’ultimo dal gruppo dirigente di Unieco.
Legacoop, interpretando con correttezza il suo ruolo e il DL 220 del 2 agosto 2002 ha, sin dal 2013, messo nero su bianco tramite le periodiche revisioni, tutti i rischi che l’azienda stava correndo. Fino ad arrivare, con la revisione del 2016, a chiedere la messa in liquidazione della stessa cooperativa. Abbiamo dunque fatto tutto quello che normativamente ci compete e che porta a 3 i livelli di verifica di una cooperativa (uno in più delle società di capitali): la revisione Legacoop finalizzata alla verifica della tenuta mutualistica, il revisore legale e il collegio dei sindaci.
Va ricordato che la liquidazione coatta amministrativa di Unieco si inserisce all’interno della crisi del settore delle costruzioni che ha visto, in tutto il Paese, un crollo pari al 65% del mercato nazionale dal 2008, la chiusura di oltre 90.000 imprese e la perdita, nell’indifferenza generale, di un milione di posti di lavoro (dati 2015 Ufficio studi Cerved).
Si tratta di dati che non rappresentano un alibi, ma non è possibile decontestualizzare quanto avviene nel comparto delle costruzioni reggiano da questa dimensione di crisi e dai profondi cambiamenti del mercato.
Altrettanto miope e strumentale sarebbe far discendere dalla crisi di un settore, pur importante come quello delle costruzioni, la crisi del modello cooperativo che nel Reggiano continua a essere una importante realtà economica e sociale, una risorsa per le comunità e il territorio: il valore della produzione delle cooperative associate a Legacoop si attesta ad oggi a 6.277 milioni di euro (in linea con i dati del 2008), l’occupazione si avvicina ai 48.000 addetti, 7.800 in più che nel 2008 e i soci sono oltre 760.000 in aumento rispetto al 2008 di oltre il 20%.
Vanno anche ricordate le azioni messe in campo da Legacoop a fronte della crisi, ad esempio con la creazione di Sicrea Group, nata per far fronte al concordato di CMR. Un percorso di ristrutturazione aziendale partito nel marzo 2012 e poi continuato con l’ingresso di Orion, Cavatorti&Ricco’, CDC Modena, Coop San Possidonio, Getech Srl e Correggio Condotte. Oggi il gruppo Sicrea ha in forze 250 lavoratori e in questi 5 anni ha accompagnato a nuova collocazione o quiescenza oltre 300 persone e sviluppa un fatturato annuale di oltre 100 milioni di euro.
Va ricordato il lavoro fatto dalla cooperativa sociale La Pineta che, insieme a Welfare spa, ha messo in sicurezza tutto il settore delle case protette di provenienza CMR, settore nel quale oggi lavorano oltre 450 persone in un territorio che comprende la nostra regione, la Lombardia e il Veneto per un totale di 9 strutture.
Più recente l’intervento fatto su Unipeg, una situazione di grande criticità nella quale il movimento cooperativo ha saputo mettere in campo tutte le proprie competenze affinché fosse salvaguardata la continuità aziendale e si evitasse una chiusura che, per dimensioni e ruolo, avrebbe segnato a livello nazionale il comparto agroalimentare.
Inoltre ricordiamo con orgoglio che il movimento cooperativo reggiano è intervenuto a difesa del prestito da soci, mettendo in campo risorse pari a 24 milioni di euro, una solidarietà che non trova eguali in altre associazioni di categoria e perfino in altri soggetti istituzionali.
Oltre che sbagliato è anche del tutto inaccettabile e lo è per i numeri sopra descritti e per il rispetto alle migliaia di soci che credono e vivono in cooperazione. D’altronde quando una grande azienda privata va in default (e purtroppo i casi sono diversi anche in questa provincia), nessuno si permette di dire che l’intero sistema industriale è in crisi ed è giusto così perché ogni caduta ha bisogno di rispetto e di quella lucidità che serve per valutare cosa eventualmente possa ripartire.
Vanno anche ricordate le cooperative nate con i workers buyout: la Fornace di Fosdondo di Correggio, la Cooperativa Laboratorio Naven, la Nuova Panettieri di Piacenza e quelle già avviate e di successo Greslab, Arbizzi e Art Lining. Grazie a questi interventi sono state gettate le basi affinché decine di lavoratori conservino i loro posti perché questo rimane il primo e più grande obiettivo di Legacoop: buono e duraturo lavoro cooperativo assieme a quello di formare una nuova classe dirigente capace di servire l’impresa cooperativa proseguendo nei valori di mutualismo e ricerca del benessere comune che tanto bene hanno fatto alla nostra provincia.
Invitiamo, infine, i soci a non perdere fiducia nella cooperazione. Senza la cooperazione le nostre terre sarebbero meno inclusive, meno accoglienti, meno giuste, le comunità meno ricche.
Abbiamo la memoria lunga, ne abbiamo viste tante in oltre cento anni, e sappiamo bene che ai fallimenti sono sempre seguiti successi. È sempre stato così. Guidata dai valori della cooperazione questa terra conquisterà ancora grandi traguardi, non può essere diversamente. I valori della cooperazione qui, oggi come ieri si tramandano di padre in figlio e non ci sarà mai nessuna sconfitta che potrà far fallire questa idea di uguaglianza.
C’è infine una generazione di cooperatori nuova, che non si è mai sottratta alle critiche e non chiede sconti ma che rivendica la serietà del proprio operato e non intende arrendersi a banalizzazioni manichee che speculando sulla crisi di una cooperativa gettano discredito sull’intero Movimento cooperativo.