“La percentuale di successo di workers buyout è molto più elevata di altre iniziative imprenditoriali non organizzate in questo modo”. Così Daniela Cervi, responsabile Legacoop Emilia Ovest, è intervenuta oggi alla Camera presso le commissione Lavoro e Attività produttive riunite per la discussione delle risoluzioni di Tiziana Ciprini (M5S) e di Antonella Incerti (Pd), in merito alle iniziative volte a favorire l’acquisizione del capitale sociale delle imprese da parte dei loro dipendenti (workers buyout).
Dei sei esempi velocemente riportati, è stato registrato solo un caso di insuccesso. Tra le condizioni fondamentali perchè questo modello funzioni, è prima di tutto necessario individuare un business che abbia mercato, e prospettive; cosa ancora più importante è verificare la reale disponibilità e volontà dei lavoratori, che non devono accettare per disperazione, ma essere decisi e consapevoli della scelta: si tratta di passare da dipendente a “socio lavoratore”, un imprenditore a tutti gli effetti, un cambiamento che richiede un forte cambio di mentalità.
Secondo la responsabile di Legacoop a dover essere tenuto particolarmente in considerazione per questa tipologia di società è il filone del “cambio generazionale”. L’esempio riportato è quello della “Arbizzi”, società nata nel ’97, con imprenditore unico. Quest’ultimo, nonostante l’azienda lavorasse bene, aveva intenzione di smettere tre anni fa, senza avere ricambio generazionale diretto; la scelta, rilevatasi poi essere di successo, è stata quella di lasciare l’impresa direttamente ai dipendenti.
Altro aspetto importante, sollevato dalla Ciprini, è quello finanziario. Secondo Cervi una garanzia statale per coprire operazioni finanziarie di sostegno alle imprese workers buyout sarebbe molto importante, sia perché vi è difficoltà a reperire i fondi presso le banche, e sopratutto perché le cooperative vorrebbero escludere la richiesta di garanzie personali ai lavoratori. Un’altro aspetto da tenere in considerazione è legato al fondo mutualistico della Legacoop “Coopfond”, che con l’entrata in vigore del decreto n. 53 del 2015, di modifica del testo unico bancario, non ha più la possibilità di erogare finanziamenti alle cooperative come i workers buyout, ma solo di intervenire nel capitale, “una notevole limitazione”, ha concluso Cervi.